Scriveranno di quei due, Romano Prodi e Francesco Rutelli, seduti per un’oretta e mezza abbondante a dialogare fitto fitto, mentre a pochi metri da loro si dipanava il Big Talk della Margherita intorno all’educazione o al territorio o ai lavori. Degli abbracci tra i leader, degli applausi rivolti al capo dell’Alleanza da una platea stracolma e molto sollevata. Insomma, tutti i segnali di un buon clima pienamente ritrovato, ed è evidentemente la conseguenza dello scioglimento positivo di tanti nodi politici: a Torino parla un centrosinistra finalmente in salute, intento soltanto a farsi ascoltare dal paese e non più a lanciarsi messaggi obliqui. Ma questi sono i segnali di primo livello, quelli forti ed efficaci per le telecamere e per le cronache. In realtà, è dentro al discorso di Prodi che si rintraccia il senso vero di quello che sta accadendo. Perché è da qui, dal Lingotto e da questo discorso, che si cominciano alla fine a delineare la fisionomia dell’Ulivo e dell’Alleanza, gli argomenti che verranno portati al paese per battere Berlusconi, convincere indecisi e perplessi, vincere nel 2005 e nel 2006. Verrebbe da dire che un anno di “fughe in avanti” della Margherita (come sono state rubricate spesso, quando non s’è detto di peggio) non è stato speso invano. La chiave di interpretazione del candidato Prodi è in questa frase: «Non dobbiamo fare programmi per la conservazione dell’esistente, perché con l’insoddisfazione che c’è in giro verso l’esistente perderemmo di sicuro». Innovazione, innovazione, innovazione. Anche a costo di rischiare, di scontentare, di mettere mano dove “non si dovrebbe”. Non c’è nulla di intoccabile nella struttura del welfare italiano, dice Prodi. Gli italiani giudicheranno sulla base dell’interesse complessivo del paese, non di singoli interessi parziali («che vanno scardinati »). Vinceremo con le idee nuove, non nascondendo i problemi sotto il tappeto. Non siamo ancora ai dettagli del programma (anche se il lavoro della Margherita è già sceso in alcuni particolari), ma l’impostazione generale ha un forte stampo riformistico. Chi descriveva o temeva un Prodi conservatore, arrugginito dalla lontananza dall’Italia, dovrà cominciare a ricredersi. Non che la sua sia una impostazione senza asperità, o da prendere a scatola chiusa. Con il Lingotto siamo ormai al terzo o quarto appuntamento consecutivo nel quale il leader dell’Alleanza enfatizza un messaggio sopra tutti gli altri: non ci sarà alcun nuovo welfare, né “qualità italiana”, senza sviluppo. E non ci sarà sviluppo senza industria, grande industria, campioni nazionali, una produzione che per dimensioni e comparti si misuri con i grandi, Francia e Germania sopra tutto. Filiere industriali che chiedono energia, investimenti, politiche di programmazione. Non troverete alcun politico del centrosinistra che dissente, tra l’altro queste sono le parole che gli imprenditori italiani aspettano di ascoltare, e che suonano efficaci se confrontate al nullismo del governo e del centrodestra su sviluppo e competitività. Però Prodi dovrà lavorare ancora molto per vincere le obiezioni, più o meno dichiarate, di chi (molto più nell’area liberal della coalizione che alla sua sinistra) non crede che l’Italia possa mai tornare a quei livelli e a quei modelli di sviluppo, e che anzi provarci potrebbe essere un rischio. Fino ad adesso è stato un dibattito un po’ per addetti ai lavori: ora potrebbe e dovrebbe decollare. Prodi ha dato alla Margherita di Rutelli un aperto riconoscimento che è suonato significativo dopo la stagione degli scontri e delle incomprensioni: è questo partito, qui al Lingotto, che ha aperto – e su posizioni le più avanzate – il cantiere del programma per il 2006. È un attestato cruciale per la Margherita, che da mesi ha scelto per sé il ruolo di battistrada nell’innovazione dei contenuti, e che per questa scelta è stata contestata, criticata, accusata di scarso spirito unitario. Questa stagione è alle spalle e i frutti che lascia – a stare alle parole ascoltate ieri – sono soltanto positivi. Non s’è stabilito alcun primato, ma una centralità nella coalizione sicuramente sì.
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