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Questa settimana su 'Il diario del lavoro'
(Newsletter - 5 settembre 2014)


Sembra impossibile, ma i giornali per tutto il mese di agosto hanno continuato a parlare dell’articolo 18. Sono dodici anni che si parla sempre e solo di questo articolo, importante quanto si vuole, ma non fino a questo punto. Dietro questa ennesima battaglia, neanche a dirlo, c’è sempre la stessa persona, Maurizio Sacconi, ministro del lavoro con Berlusconi, adesso presidente dei senatori del Nuovo centro destra e presidente della Commissione Lavoro del Senato. Ed è proprio in questa commissione che si sta combattendo ancora di articolo 18, tra la destra della coalizione che vuole eliminare le tutele dell’articolo dello statuto dei lavoratori e il Pd che le vuole mantenere. Come andrà a finire? Difficile fare previsioni, perché il governo in realtà non si è mai pronunciato con chiarezza. Il testo del ddl di delega per i temi del lavoro, che la destra vorrebbe emendare, in realtà non prevedeva un intervento sul tema dei licenziamenti, si limitava a prevedere l’ingresso del contratto a tutele crescenti, per cui chi viene assunto non ha garanzie contro il licenziamento per il periodo di prova, che potrebbe arrivare fino a tre anni, poi però queste tornerebbero intere. Resterà su questa posizione Renzi? E’ tutto da vedere. E’ un dato di fatto che alle aziende in realtà interessa poco l’eliminazione di questo articolo. Perfino Federica Guidi, ministra dello Sviluppo, già presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, figlia del ministro del lavoro che con Berlusconi condusse la battaglia sull’articolo 18 nel 2002, perfino lei ha detto che tutto lo statuto sarebbe da rivedere, ma questo articolo in particolare non interessa granché alle imprese. E allora, cui prodest? E’ un dato di fatto che nell’immaginario collettivo l’articolo 18 è diventato un totem, di quelli che Renzi vorrebbe tanto abbattere. E quindi non è da escludere del tutto la possibilità che alla fine si arrivi a qualche forma di manomissione di quella tutela. Che peraltro ormai è ai minimi storici, perché, questo lo dicono tutti, il vituperato intervento di Elsa Fornero ha ridotto al lumicino la protezione, tanto che in tutto un anno sono circa 3.000 le persone che i giudici reintegrano nel posto di lavoro. 3.000 sono tante, ma fermare una riforma così importante come quella del lavoro per i dissidi su questo particolare sembra davvero non stare in piedi.

Del resto le riforme non sono più rinviabili. I dati sul prodotto lordo resi noti in agosto sono agghiaccianti. Pensavamo di essere non fuori dalla recessione, ma sulla buona via per riuscirvi, i segnali di ripresa si stavano moltiplicando, e invece siamo di nuovo a regredire e non si sa quando potremo risollevare la testa. Non siamo soli, è vero, tutta l’Europa sta male, anche i francesi, anche i tedeschi, ma questa per noi non è una buona notizia, perché significa che anche i principali sbocchi delle nostre esportazioni, appunto quei paesi europei, non potranno riceverci più di tanto. Una terza recessione sarebbe davvero troppo, potremmo non risollevarci più, e dato che la Bce più di così non può fare, dal momento che ormai, con le decisioni di giovedì, praticamente presta soldi senza interesse, è evidente che dobbiamo metterci qualcosa noi e noi solo le riforme posiamo fare. E’ proprio per questo che non si capiscono impuntature che possono portare solo nuovi blocchi e nuove fermate.

In questa situazione di difficoltà è venuta fuori in tutta la sua evidenza la crisi dei corpi intermedi, sindacati e associazioni imprenditoriali. Non è più solo la crisi della concertazione, che da sola basterebbe. Ormai sembra sia diventata una moda non tanto attaccare le parti sociali, quanto far finta che non esistano. Anche chi si rende conto dell’importanza delle rappresentanze sociali sembra essersene improvvisamente dimenticato. Un processo pericoloso, non perché, come diceva la Camusso al suo congresso, tagliando la concertazione si attua una “torsione democratica”, ma perché le parti sociali rappresentano degli interessi che non devono essere dimenticati, perché esistono, sono reali. La concertazione è un sistema di governo che un esecutivo può usare o meno, ma la consapevolezza dell’esistenza di quegli interessi non può venire meno, non si può far finta improvvisamente che quegli interessi, siano essi dei lavoratori o delle imprese, non esistano più.

Contrattazione
Riprende, sia pure lentamente, l’attività di contrattazione. Due gli accordi raggiunti in questi primi giorni di settembre. Il primo a Terni per la mobilità alla Thyssenkrupp, il secondo per il rinnovo dell’integrativo alla Heineken. Non si è invece sbloccata la vertenza, sempre in tema di mobilità, per la Coca Cola. Il dialogo prosegue al ministero dello Sviluppo, ma intanto partono i primi scioperi.

Opinioni
Il diario del lavoro pubblica un’Opinione di Ciro Cafiero che si sofferma sulla riforma del lavoro affermando che il governo non dovrebbe toccare l’articolo 18, ma non dovrebbe nemmeno dare il via al contratto a tutele crescenti, a suo avviso inutile.

Note
Sempre su Il diario del lavoro un articolo di Nunzia Penelope sulla politica del governo, le alleanze di Renzi, la sua sfida alle parti sociali e ai cosiddetti poteri forti. Il giornale riporta anche un articolo di Fernando Liuzzi sull’accordo per la Thyssenkrupp.

Documentazione
Su Il diario del lavoro è possibile consultare il testo del Rapporto Istat sul fatturato nei servi i nel 2014, il Rapporto della Confcommercio sui consumi, i grafici e le tabelle rese note da Confturismo sul turismo nel 2014, il testo del Rapporto Coop 2014 su consumi e distribuzione.


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