
Un'Italia intera si sta mobilitando per Giuliana Sgrena, rapita in Iraq il 4 febbraio scorso. Aumentano le adesioni per la manifestazione proposta dal Manifesto in programma per sabato a Roma. Il corteo partirà alle 14.00 da Piazza della Repubblica e si fermerà al Circo Massimo. Circa 600 organizzazioni politiche, sindacali, di volontariato, di movimento hanno già aderito. Ci sarà anche l'ex capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, mentre non ci saranno i partiti della Casa delle Libertà. Al Circo Massimo parleranno il direttore del Manifesto Gabriele Polo, Giovanni Di Lorenzo, direttore del tedesco Die Zeit, e Serge July di Liberation. Poi un concerto che vedrà sul palco Caparezza, gli Assalti Frontali, Tetes de Bois, Enzo Avitabile, Jamal Ouassini, Noureddine, Rashmi Bhat. Per l'occasione il Colosseo sarà illuminato. Negli stadi di tutta Italia, domenica, sarà ripetuto l'appello: "Liberate Giuliana, donna di pace". La frase comparirà anche sui tabelloni luminosi dei campi da calcio.
-------------------------------------------------------------------------------------------
Gentiloni, Bindi, Bordon, Lusetti nella delegazione DLLa Margherita, informa una nota, sarà presente alla manifestazione di sabato promossa dal Manifesto per la liberazione di Giuliana Sgrena “con una delegazione ad ora composta da Paolo Gentiloni, Willer Bordon, Rosy Bindi, Renzo Lusetti, Riccardo Milana, Donato Mosella”. Alla manifestazione parteciperanno inoltre diverse delegazioni regionali della Margherita.
-------------------------------------------------------------------------------------------
L’OPPOSIZIONE SI RICOMPATTA, DA RIFONDAZIONE A RUTELLI. ADESIONI ANCHE DA SCALFARO, EPIFANI, GINO STRADA E ZANOTELLIL’Unione in piazza, ma il Polo non ci sarà. Il centrodestra non raccoglie l’appello del «manifesto» per la SgrenaIl centrosinistra va in piazza, il Polo no: la Casa delle libertà, con accenti diversi che dicono nella sostanza la stessa cosa, si impegna a liberare la Sgrena ma non ne vuole sapere di scendere in piazza dopodomani assieme a chi chiede il ritiro delle truppe. Sarebbe una scialuppa di salvataggio, dicono, offerta all’Unione, che usa il rapimento della Sgrena solo per ricompattarsi dopo le divisioni sul rifinanziamento della missione in Iraq. Ieri il leader dell’Udc Marco Follini s’è recato nel tardo pomeriggio nella redazione del manifesto. Il direttore, Gabriele Polo, rivolge un appello unitario a «tutte» le forze. E Follini gli testimonia la vicinanza del governo alla causa della giornalista rapita: «Sono venuto a esprimere solidarietà alla famiglia di Giuliana Sgrena e alla famiglia politica del manifesto». Ma il suo gesto non si spinge fino a tradire l’orientamento di fondo, del governo e del suo partito, favorevole alla presenza italiana in Iraq. Dunque, niente corteo. Il no di Forza Italia è stato anche più secco, nei toni. In via dell’Umiltà già in mattinata, dopo la proiezione del video con la giornalista in lacrime, si ragionava così: «Certo, siamo a favore della liberazione della Sgrena e ci battiamo con tutte le forze per ottenerla, perché per noi gli ostaggi non hanno assolutamente nessun colore o appartenenza politica. Non possiamo non constatare, però, che il corteo ha preso una piega assolutamente politicizzata, la sinistra sta legando la liberazione della reporter al ritiro delle truppe. A questa impostazione noi non possiamo sottostare». Un’idea che più tardi sarà argomentata alla Stampa dal coordinatore Sandro Bondi. Lo stesso, in una delle pause dei lavori parlamentari, spiegava Ignazio La Russa. Anche il suo partito è orientato verso un atteggiamento simile: «Ovviamente noi lasciamo piena libertà ai nostri parlamentari. Ma la mia posizione, che un po’ indicativa del nostro umore dovrebbe essere, è chiara: io a questa manifestazione non vado neanche per sogno, e non aderisco. Quello di sabato sarà di fatto un corteo contro la nostra partecipazione alla ricostruzione, cioè in pratica un corteo contro i nostri soldati. È ovvio che siamo impegnati con tutte le forze per liberare la giornalista rapita, ma non vado certo a cortei che sfilano contro i nostri ragazzi». È successo così che, mentre la Casa delle Libertà maturava la decisione di disertare la manifestazione, l’Unione ritrovasse tutta la sua unità e il corteo prendesse la forma di un grande bagno di folla purificatore di tutta la coalizione. Basta sfogliare l’elenco delle adesioni. Aderiscono naturalmente i partiti della sinistra radicale, già vittoriosi nella vicenda del voto in Senato sull’Iraq. Aderiscono i ds, Marina Sereni dice «speriamo davvero che possa essere una grande festa per la liberazione di Giuliana Sgrena e Florence Aubenas». Poi aggiunge: «Gli iracheni andando a votare hanno chiaramente detto che vogliono lasciarsi alle spalle il terrore e la guerra. Nell’entourage di Francesco Rutelli si definisce «scontata» la sua adesione, anche se l’ufficio di presidenza della Margherita si riunirà oggi. Aderiscono l’Arci, naturalmente Emergency di Gino Strada, la Cgil, il Sincobas, il cartello del Forum sociale, la rete Lilliput, praticamente tutto l’associazionismo cattolico... Ci saranno presenze tradizionalmente vicine al popolo pacifista come padre Alex Zanotelli, ma anche nuovi idoli come l’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro. Il sindaco di Roma Walter Veltroni terrà un discorso in apertura, assieme al direttore del manifesto; parlerà anche Simona Torretta, una delle due volontarie rapite e poi liberate; in chiusura concertone al Circo Massimo con Caparezza, Assalti frontali e Tetes de Bois: «Speriamo che i musicisti attirino anche tanti ragazzi», dicono al comitato organizzatore. Il quale, significativo riscontro ai timori di Forza Italia e An, e ai malumori dei riformisti del centrosinistra, si chiama appunto «Fermiamo la guerra».
------------------------------------------------------------------------------------------
Se questa è una donnadi Barbara Spinelli
LA STAMPA (17-02-2005)
Non so se sia giusto guardare e riguardare in un video quel che abbiamo visto nelle ultime ore: Giuliana Sgrena imprigionata dai terroristi in una cella con pareti bianche senza finestre, umiliata, dimagrita, i capelli in disordine, spaventata a morte, gli occhi sgranati sulla notte in cui è stata gettata. Non so quanto quelle immagini servano alla sua sopravvivenza, anche se sembrano fornir la prova che è viva. Il film del suo denudamento e del suo strazio è un calice d'ebbrezza offerto ai sequestratori terroristi, dilata il piacere speciale che essi traggono dal filmare la vittima e diffondere il volto e le mani imploranti di una Giuliana così forte ieri, così sfigurata e supplicante oggi. Questo è così insopportabile e torvo, nella diffusione del film e in noi che lo coviamo con occhi disperatamente avidi, ma pur sempre avidi. È un piacere di duplice natura, quello dei terroristi. Da una parte essi possono compiacersi del potere senza confini che possiedono sull'animo d'un essere umano, e in particolare su una donna che sanno indipendente: un animo che vogliono mostrare di saper plasmare a piacimento, e che stanno degradando a grumo di sofferenza e lacrime. Dall'altro vedono noi tutti - padre, madre, fratello, uomo di Giuliana; e sullo sfondo noi cittadini e i politici italiani - che assistiamo impietriti, e abbiamo l'impressione d'un nulla trionfante, e siamo come complici di questo nulla fatto d'impotenza e non-pensiero. Nulla ha senso in quel che vediamo, se si considera che Giuliana era contro la guerra in Iraq ben prima della cattura. Nulla ha senso nel litigio tra politici sulle nostre truppe in Iraq, se ragioniamo serbando nella memoria tracce di quel filmato. Il film stesso è figura del nulla, verso cui tendono i mujahiddin-carcerieri e dentro cui precipitiamo tutti noi che procuriamo ebbro tumulto nei sequestratori, accettando di guardare la loro pornografia del terrore. Comunque ora siamo di fronte al video, e con esso dobbiamo fare i conti provando nonostante tutto a pensare e capire, pur non giustificando. È una sensazione che non conoscemmo quando rapirono Moro, e leggevamo lettere e implorazioni scritte su fogli. L’irruzione di video trasmessi nel pianeta introduce un elemento d'intimità del tutto inerme, scardina l'ordine delle cose, le tramuta radicalmente. Osserviamo quel volto rimpicciolito, quelle mani che si torcono, quel sussulto di pianto, e tornano alla mente le immagini di Auschwitz. Giacché fu questo, Auschwitz: la degradazione dell'umanità, nell'uomo illimitatamente umiliato. Se questo è un uomo. Se questa è una donna. Mentre Giuliana Sgrena supplica, non ci sono che le parole di Primo Levi, che possano aiutare a non perdersi nel nulla e a comprendere qualche scheggia del reale. Chi è stato ridotto così non pensa che a prolungare il giorno: «Oggi e qui, nostro scopo è di arrivare a primavera, e tutto è grigio intorno e noi siamo grigi». Il prigioniero si trova intruso in ambienti sconosciuti, intorno tutto gli è nemico. In quelle condizioni, «il primo ufficio dell'uomo è perseguire i suoi scopi con mezzi idonei, e chi sbaglia paga». La notte «è tale, che si conobbe che gli occhi umani non avrebbero dovuto assistervi e sopravvivere». Ridotto a «merce di dozzina», ecco l'uomo: «In viaggio verso il nulla, in viaggio all'ingiù, verso il fondo». Se parlo di Auschwitz, è perché Giuliana Sgrena è oggetto di un crimine speciale: il crimine contro l'umanità, che annienta nell'uomo quel che di lui ancor ieri conoscevamo. Tutto questo Giuliana Sgrena immagino lo sappia. Da quel che so di lei lo sapeva fin da quando condannò, in Algeria, un terrorismo cui essa stessa diede il nome di crimine, imprescrittibile, contro l'umanità. Ma conoscendo Giuliana so che il messaggio non è solo questo. Quel che ha scritto, quel che dice la sua attività di indagatrice del Manifesto in Iraq, è la sciagura seminata dalla guerra in Iraq, oltre al male assoluto imputabile agli integralisti violenti e al particolare odio che essi nutrono verso la donna, emblema dell'individuo libero. È il male di una guerra che ha dilatato l'accanimento granitico e la forza logistica del terrorismo in nome di Dio, e che dunque non è stata solo premessa necessaria anche se dolorosa delle elezioni irachene. Ci sono momenti storici di svolta che individuiamo noi, e ce ne sono altri che son visti da altri occhi, altri animi. Per noi l'ora della svolta è nelle elezioni del gennaio 2005. Per un numero enorme di iracheni e musulmani il punto di svolta, di krìsis, è un altro: è nel maggio 2004, quando sugli schermi mondiali si vide la mortificazione sprezzante d'un popolo e d'una religione nelle prigioni di Abu Ghraib. Giuliana Sgrena ne parla nel video - anche se sembra recitare a precipizio un copione - ma ha descritto l'evento già prima, quando fece parlare le donne torturate e violentate da carcerieri occidentali. Noi tendiamo a scordare quel momento, in cui i coalizzati (compresi i soldati italiani, pur non coinvolti in torture) furono visti come occupanti e aguzzini. Tanti, troppi iracheni non lo dimenticano, e non lo dimenticheranno. Questo non significa che l’agire dei terroristi sia giustificato, e neppure comprensibile: nulla di quello che hanno fatto angloamericani e alleati può essere neanche lontanamente paragonato a un crimine che ricorda Auschwitz proprio perché non vede niente, non capisce niente, non considera niente quando degrada o uccide. Se qui si sottolinea l’importanza di Abu Ghraib per molti iracheni è per penetrare una follia che si potrà nel futuro estirpare o addomesticare, a condizione di sfruttarne gli interni meccanismi. La verità che Giuliana Sgrena ha cercato non possiamo far finta che non esista nella sua essenza complicata. È la verità d'un integralismo che non esita a commettere crimini contro l'umanità. Ma al tempo stesso - e senza assolutamente mettere sullo stesso piano soldati occidentali e terroristi - è la verità di eserciti di occupazione che stanno facilitando la democrazia ma che accrescono al contempo la febbre del crimine nel cuore dell’Iraq non ancora sovrano. Su tutto questo val la pena cominciare a pensare, in maniera intransigente verso i carnefici ma non semplificante. Siamo di fronte a una tragedia, e trovare il sentiero stretto che tenga conto della profondità del male e delle ragioni che esso pretende accampare è così difficile. Ma quel che è difficile va sempre di nuovo tentato, con la mente e con l’azione, se non vogliamo diventare noi stessi comparse del video che tanto diletta i carcerieri di Giuliana Sgrena.